TRIANGOLAZIONE IVA
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Gentili lettori, la cosiddetta “triangolazione IVA” fatte da più aziende ai fini IVA sono sempre un argomento particolare e attuale. Articolo a cura dello Studio Legale Internazionale Bertaggia di Ferrara
Vogliamo esaminarlo assieme a voi con degli esempi che vi siano chiari: al fine di non farvi commettere errori in materia di IVA che potrebbero essere particolarmente negativi per la vostra azienda, e sfociare anche nel penale.
Un esempio tipico è quello di colui che, solitamente un imprenditore italiano, acquista i beni da un soggetto comunitario non residente, al quale dà poi il successivo incarico di consegnarli direttamente al proprio cliente extracomunitario. Si pensava, conformemente alla C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, che l’intera operazione non rilevasse ai fini del pagamento dell’IVA nel territorio dello Stato, poiché la cessione all’esportazione viene eseguita da un altro Paese comunitario, ovverosia quello del fornitore dell’operatore nazionale. Il soggetto italiano, avuto risguardo all’Italia, non effettua né un acquisto intracomunitario, visto che la merce non ha, come destinazione finale, uno stato EU, né una cessione all’esportazione, poiché la merce non si trova nel territorio nazionale nel momento del trasporto finale del cessionario extracomunitario. Se esaminiamo tale circostanza in base all’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, si evidenzierebbe come la cessione all’esportazione si considera territorialmente rilevante nel Paese EU del fornitore, dal che discende che il soggetto italiano sia ivi tenuto ad identificarsi ai fini IVA per l’adempimento delle incombenze connesse a tale operazione. Potrebbe però ravvisarsi anche un’interpretazione diversa, consistente nell’emissione di fattura non imponibile IVA direttamente da parte dell’impresa italiana: su ciò purtroppo, come sovente accade in Italia, non vi è certezza, poiché la prassi ha chiarito che la qualificazione di un’operazione come cessione all’esportazione è oggettiva, siccome esula (non comprendedolo) il luogo di partenza dei beni.
TRIANGOLAZIONE IVA LA SOSTANZA DELL’OPERAZIONE
Quel che importa, quindi, è che la merce sia realmente e non fittiziamente destinata verso un Paese extracomunitario, senza che assuma autonoma rilevanza lo stato, situato all’interno della EU, dal quale viene operato il trasferimento.
Ciò lo si desume anche dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 20 dicembre 2010, n. 134, confermata dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2011, n. 37. Se esaminiamo attentamente la risoluzione, la stessa riguarda l’ambito applicativo della non imponibilità IVA prevista per i trasporti ed i servizi di spedizione relativi a beni in esportazione, importazione e transito, comprese le relative prestazioni di intermediazione.
Da ricordare che, nei rapporti “B2B”, i trasporti di beni e le relative intermediazioni, in quanto prestazioni “generiche”, sono territorialmente rilevanti in Italia qualora il committente sia un soggetto passivo ivi stabilito, tali operazioni, quando vengono acquistate da soggetti IVA italiani, vengono considerate effettuate nel territorio nazionale anche se i beni vengano esportati a partire, fisicamente, da un altro Paese membro. Caso tipico ove l’interpretazione della norma è fantasia, esulante dalla realtà.
TRIANGOLAZIONE IVA: LA DIRETTIVA COMUNITARIA
Ma così è. Da tale assunto si può considerare come, qualora l’operazione, anziché essere un trasporto di beni, sia una cessione all’esportazione, il relativo trattamento di non imponibilità si applica altrettanto oggettivamente, ma avendo riguardo al luogo di effettuazione della cessione, che coincide in questo caso con il territorio di partenza dei beni, individuato nel momento iniziale del trasporto/spedizione (art. 32 della Direttiva n. 2006/112/CE). Il finale logico di tale costrutto giuridico è che la cessione all’esportazione eseguita a partire da un altro Stato membro (rispetto all’Italia), non essendo territorialmente rilevante in Italia, non può essere fatturata direttamente dall’impresa italiana in regime di non imponibilità ex art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.
La fattura deve essere, invece, emessa, senza addebito d’imposta, dalla posizione IVA previamente “accesa” in tale Paese membro secondo la procedura dell’identificazione diretta o per mezzo della nomina di un rappresentante fiscale.
Per ciò che concerne invece la cessione posta in essere dal fornitore comunitario nei confronti di un impenditore italiano, ci si domanda quale sia l’atteggiamento giusto: ci si deve attendere una fattura con addebito dell’IVA locale? oppure l’acquisto deve essere assoggettato a reverse charge dall’operatore nazionale?. A nostro parere la soluzione può desumersi dalla stessa C.M. n. 13-VII-15-464/1994, in riferimento alla triangolazione, identica a quella in esame, in cui però l’operatore italiano, anziché essere il promotore della triangolazione, è il primo cedente. Infatti l’amministrazione finanziaria postuala come la cessione posta in essere dall’operatore italiano non appalesi le caratteristiche proprie delle operazioni intracomunitarie, essendo priva di una delle prerogative principali, vale a dire la destinazione dei beni in altro Stato membro. Quindi, l’operatore nazionale, nei confronti del proprio cliente comunitario non residente, effettua una cessione all’esportazione, non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a) o b), del D.P.R. n. 633/1972, ovvero una cessione “interna”, se i beni vengono consegnati in Italia direttamente al destinatario finale extracomunitario.
TRIANGOLAZIONE IVA; LE CONCLUSIONI
Per concludere, in tema di triangolazione si può affermare come l’imprenditore italiano non sia tenuto ad applicare il meccanismo di reverse charge di cui all’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, in quanto il proprio fornitore deve emettere nei suoi confronti una fattura che, se non contiene l’addebito dell’IVA, è solo perché la cessione beneficia del regime di non imponibilità previsto per le esportazioni.
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Articolo aggiornato all’11 Maggio 2021